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Le opere della penitenza sono strumenti mediante i quali, nel nostro piccolo, possiamo ridare equilibrio al nostro mondo. Per questo è più corretto chiamarle “opere di giustizia”: attraverso le nostre scelte possiamo raddrizzare le vie dell’uomo, che spesso hanno premesse e frutti ingiusti. Il Vangelo ci indica la via giusta, quella che riflette il cuore di Dio.
L’elemosina rimette equilibrio al nostro rapporto con gli altri: ci spinge a riconoscere l’altro come fratello, figlio dello stesso Padre.
È un atto di giustizia, che attraverso il “dare” ci porta a condividere qualcosa di noi, a fare a meno di cose anche necessarie, perché cogliamo un bisogno maggiore e la dignità di un fratello da mettere in risalto.
Il termine greco elemosyne ha la stessa radice di quell’eleison che ripetiamo nell’atto penitenziale: l’elemosina è un gesto di pietà che rende visibile e tangibilmente concreta la misericordia che dobbiamo imparare dal Padre.
È un atto di estrema fiducia e speranza che quel bene donato e condiviso possa non essere sprecato, anzi suscitare ulteriore condivisione: è il primo passo, speranzoso, verso la costruzione di un mondo nuovo, di un mondo giusto.
Dalla Regola non bollata (FF 49)
Restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie, perché procedono tutti da lui. E lo stesso altissimo e sommo, solo vero Dio abbia, e gli siano resi ed egli stesso riceva tutti gli onori e la reverenza, tutte le lodi e tutte le benedizioni, ogni rendimento di grazia e ogni gloria, poiché suo è ogni bene ed egli solo è buono.
Signore, l’esercizio dell’elemosina ci liberi dall’avidità, ci insegni che ciò che abbiamo non è mai solo nostro e ci aiuti a scoprire l’altro come fratello. Fa’ che, sull’esempio degli Apostoli, impariamo a vedere nella possibilità di condividere con gli altri i nostri beni una testimonianza concreta della comunione che viviamo nella Chiesa. Amen.
cf. Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2018